Le vicende della fabbrica della nuova
Chiesa Arcipresbiterale
Qui a
Trescore abbiamo un Architetto di grande giudizio, ed attività,
capace di prender impegni, e di riuscirne con onore. Questi è
Mastro Proino conosciuto ancor costì per un uomo eccellente,
quale avrebbe a sommo onore il poter servire
E questo il
primo disegno che ci parla dellintenzione della comunità
parrocchiale di provvedere alla costruzione; era il 22 dicembre
1741.
La lettera
proveniente da Trescore era scritta da Don Francesco Giuseppe
Vitalba; il Nobile e giovane sacerdote, che alcuni anni più
tardi sostituirà il vecchio zio nella guida parrocchiale della
nostra comunità, scriveva al Nobile Abate Gio. Batta Grataroli.
LAbate
aveva la funzione di vero e proprio committente, in quanto godeva
i diritti di uno juspatronato non giuridico, bensì morale, che
gli proveniva dalla sua nobiltà danimo, dalla sua grande
esperienza e saggezza, dal suo amore per la nostra terra, e,
certo non ultima, dalla sua generosità verso i bisogni della
gente e delle Chiese di Bariano.
A lui si dovevano
indirizzare richieste, desideri e progetti; solo lui poteva
autorizzare.
Né mai nessuno avrebbe avuto lardire morale di sostituirlo
in qualche decisione, anche di aspetto secondario.
Perciò si
giustifica questa meravigliosa documentazione che può
illuminarci non solo sulla storia del nostro borgo, bensì sulle
vicende misteriose di tante chiese delle nostre terre, sorte in
condizioni analoghe, nello stesso periodo storico.
In quegli anni
era in atto un grande fervore di rinnovamento non solo delle
chiese ma anche dei grandi edifici delle famiglie illustri.
E un grande
periodo storico, che ha, sì, spesso distrutto testimonianze più
antiche, ma che ci ha lasciato in sostituzione altrettanto grandi
esempi darte, non ancora sufficientemente valutati, avendo
dovuto subire il vaglio negativo del pensiero critico
ottocentesco e successivamente di quello moderno.
Il fervore di
questo rinnovamento era sotteso da grandi intuizioni filosofiche,
che possiamo certo indicare quale preavvertimento della immensa
rivoluzione di pensiero che porterà, un secolo più tardi,
allinizio dellera moderna.
In campo
architettonico, nella nostra provincia era importante la grande
tradizione delle famiglie artistiche; dai Canaina ad esempio, che
erano riusciti ad imporre nelle chiese un modello tipologico ad
unica navata con cappelle laterali, cui era possibile apportare
infinite varianti, secondo i canoni di quel vivace periodo
artistico che caratterizza il barocchetto settecentesco.
Non stupisce
quindi che alla nostra chiesa sia stato dato uno schema di quella
tipologia, pur potendo affermare lassoluta estraneità dei
Canina dalla sua progettazione.
Ma torniamo alle
vicende della nostra Fabbrica; pur in assenza di un progetto le
opere esterne già fervevano.
Al 14 gennaio
1742 si era già entrati in una fase esecutiva; Dallillmo
Sig. Can. Martinoni si ha il permesso di levar da questo suo
chiericato discreta quantità di roveri per
In questa fase
iniziale ci si preoccupava infatti di procurare il legname per i
ponteggi o per le strutture; i roveri erano utilizzati quale
rinforzo interno alle murature (tiranti, corree, pilastri, sempre
annegati allinterno della muratura, né mai utilizzati in
vista), oppure predisposti a stagionare per le strutture portanti
del tetto.
La lettera
continua sul nostro argomento: Quivi la falce della
morte ci hà fatto un maltaglio cioè del povero Antonio
Vanghetti, uno dei migliori operaij: Iustus es, Domine,
et rectum iudicium tuum.
Giusto sei o
Signore, e retto è il tuo giudizio; Antonio Vanghetti stava
lavorando alle opere preliminari, allespurgo delle
sepolture, prima dellinizio vero delle opere
architettoniche.
I resti delle
sepolture furono portate altrove, in un ossario comune, accanto
alla chiesa dellAnnunciata; in questa chiesa furono poi
sepolti i morti per tutto il periodo di costruzione della nuova
chiesa.
Era già in quel
primo periodo dellanno in corso la raccolta di fondi per le
necessità della Fabbrica.
LAbate
Grataroli aveva organizzato tutto un programma di offerte e di
lavoro gratuito. I proprietari terrieri offrivano il lino grezzo,
che poi le donne della parrocchia provvedevano a lavorare ed a
filare, insieme con la stoppa che serviva per
tessere i sacchi.
Quando il filo
era pronto, si provvedeva a spedirlo a Bergamo, allAbate
che lo utilizzava direttamente nel suo filatoio.
Si
mandano lì due sacchi di filo, cioè lino Pesi 11 Stoppa P. 2
luna e laltra netti di tara e così delluna
come dellaltra ne resta ancor farvi qualche poco, che si
procurarà di mandare, quando le donne averanno finito di
portarlo.
La filatura
gratuita proseguirà poi per alcuni decenni, fino alla completa
estinzione dei debiti. Linverno molto nevoso, aveva
rallentato anche le opere preliminari, ed ammorbidito i contrasti
di opinione tra i parrocchiani.
Questa
buona invernata poi ha smaltito parmi senza contrasto di opinioni
il pensiero di cominciar questa primavera la fabbrica,
spiacendomi ben molto il passaggio di tante giornate nel nulla.
Per il progetto
della chiesa erano stati interpellati un architetto di Crema ed
uno di Tagliuno.
Veniamo pertanto
a conoscenza che era stato sollecitato un informale concorso di
idee, delle quali sarebbe stato scelto il nome del progettista
definitivo.
In realtà in
quellepoca esistevano due tipi di progettisti;
larchitetto che esercitava la professione, generalmente
unendola ad altra professione darte, scultura, pittura,
intaglio.
Erano gli
architetti colti, che a volte appartenevano a nobili famiglie;
erano tuttavia assai pochi.
Ben più numerosi
erano invece i Mastri Architetti, i quali avevano imparato la
professione direttamente sui cantieri, dapprima come manovali e
muratori, per poi divenire Mastri ed Architetti.
Essi continuavano
ad esercitare la professioni sui cantieri, assumendo in proprio a
volte non solo la direzione dei lavori, ma anche lappalto
stesso delle opere o di alcune opere, e la progettazione vera e
propria.
Non è invero
raro il caso di trovare Mastri a condurre opere di Architetti,
come potremo constatare anche nel nostro caso. In questa prima
fase erano stati interpellati dunque tre progettisti: Mastro
Proino o Provino di Trescore, Mastro Pagano di Tagliuno ed un
Protomastro, ossia Architetto di Crema, di cui non ci è dato di
conoscere il nome.
Il periodo
invernale era adattissimo per tagliare gli alberi; anzitutto
perché i contadini erano liberi dai lavori nei campi, ma anche
perché gli alberi non erano in vigore ed erano privi di foglie,
ed inoltre i campi erano calpestabili senza recare danno alle
culture. Ecco pertanto la relazione di dette operazioni: Nelle
due feste abbiamo condotto a casa li soi legnami, et anche
abbiamo tagliati quelle rovere al fondo della villa del Ven. Mia
quali donati alla fabbrica, e queste condotti a casa. Dom.ca pure
tagliassimo anche quelle del nostro fattore che sono in n° 5
quali farà dieci carra, del quale non aspettano tanto.
Ai primi di marzo
erano stati già consegnati i primi progetti con evidente
soddisfazione dellarciprete, che dimostrava un maggior
gradimento verso quello di un non ben precisato Mastro Domenico.
Alcuni giorni
più tardi, un altro disegno era stato consegnato a Bergamo
direttamente allAbate Grataroli: Mi vien detto dal
Pandino che il disegno fatto da Mastro Provino sia assai bello
Harei caro che a lui toccasse la sorte di metterlo in opera.
Ma questo
desiderio dellarciprete non si avvererà.
Il 19 marzo 1742
i lavori erano già iniziati:
in questi principij
della fabbrica, li quali sono molto ardui anche per il doversi
con orrore sprofondare a cavarne monti di ossi, che si conducono
altrove. Questa povera gente (benché non senza i suoi lamenti)
si affatica quanto può per lincentivo specialmente in
privato ed in pubblico, messogli su la speranza che daranno buoni
aiuti li Sig.ri Benestanti col piacimento ed a decoro de quali si
intraprende. Ed già è noto quanto sa V.S. Ill.ma promesso, come
anche dalla casa dellarciprete benché non abbia quivi un
palmo di terra permanente.
Dunque gli aiuti
maggiori in questa prima fase delle opere, provenivano dai
Grataroli in primo luogo, ma anche dai Vitalba di Trescore. In
quei giorni forse era stata fatta la scelta definitiva del
progetto, in quanto questo argomento non compare ormai più nella
corrispondenza.
Ma non abbiamo
elementi che ci possano dare lumi sulla persona. Fu forse scelto
il progetto di Mastro Antonio Ganalli di Brignano, così come
afferma Mons. L. Pagnoni; ma questo nome non compare mai nella
documentazione dellArchivio Grataroli.
Ad agosto la fornace produceva a pieno ritmo; devo
avvisarle essersi per necessità di legna abbruggiati nella
Fornace què bastoni che si destinavano alla vendita; dicono
anche per che essendo ormai del tutto inariditi dal sole erano di
pochissimo peso ed però non tornava à conto il cercare di
venderli. Per altro la fornacciata è sin ora andata bene, e
dimani sera, penso, si chiuderanno le divoratrici bocche.
Durante tutto il
successivo inverno 1743 la comunità rimase impegnata per la
fabbrica: le donne per la filatura del lino e della stoppa, i
contadini a raccoglier legna nel Serio, o nel bosco che la chiesa
aveva acquistato in quel di Masano, gli uomini di fatica a cavar
terra per la fornace, che veniva ammassata in grandi mucchi
allaperto perché fiorisse col gelo di quel gran freddo.
Le strade che si
usavano per cavar sabbia, per trasportar legna, terra o mattoni
dovevano essere continuamente mantenute efficienti, affinché i
massari accettassero di far eseguire i trasporti in cambio di
alcune lenzuola, che si acquistavano a Romano nella bottega
Frosio Roncalli, in cambio di alcuni pesi del filo di lino
prodotto dalle donne nelle case del borgo.
A metà marzo si
erano verificate impreviste difficoltà che avevano messo in
notevole apprensione il notevole arciprete; subito
ricevuto il pregiatissimo suo foglio, ne ho partecipato il
tenore al sig. Oratio Rivola, il quale ha stimato conveniente che
si avvisi subito il capo mastro di Pumenengo, acciò venga, se
può senza dilatione con li suoi uomini, avanti che qui sia
chiuso il passo.
Il capo mastro
doveva certo porre rimedio agli inconvenienti provocati dalla
imperizia degli operai volontari che si erano fino a quel momento
utilizzati; ma anche la direzione tecnica aveva procurato molti
pensieri allarciprete, che nella stessa lettera avanza
timidamente il desiderio di valersi dellopera di
Mastro Provino, suo compaesano.
A maggio la
necessità di legname aveva impegnato il fratello
dellarciprete a rivolgersi ancora ai deputati della
Misericordia Maggiore, che avevano concesso ancora cinque piante
di rovere. Fino a quel momento la vecchia chiesa era stata
salvata per consentire le funzioni quotidiane, ma la fabbrica
della nuova chiesa interessava anche quellarea.
Gli inconvenienti
lamentati a marzo erano infatti riferibili alla vecchia chiesa,
cui gli scavi adiacenti, in quel periodo di grandi piogge, non
poteva certo aver giovato.
Ormai le opere
erano state affidate definitivamente a due capo mastri, che
utilizzavano prevalentemente manovalanza volontaria locale, ed i
materiali forniti in luogo. La vecchia chiesa era talmente
puntellata, in quanto si dovevano eseguire le sottofondazioni;
Sè cominciato hoggi a fare li fondamento sotto la
facciata della Chiesa vecchia e dalla ventura settimana si
cominciarà, come penso, a scavare più a dentro: ma si ha
scarsezza di paloni, così che bisogna talora che li mastri per
tal causa stiano a bada.
Né possiamo
escludere che una parte della vecchia chiesa, come era
consuetudine, sia ancora inglobata entro le strutture
dellattuale, in attesa che qualcuno la riscopra.
Il giorno
successivo tuttavia le preoccupazioni dellanziano arciprete
erano ancor più gravi, al punto da chiedere allAbate
lautorizzazione a sospendere i lavori fino a S. Anna, in
attesa che comunque il Grataroli potesse controllare di persona
la situazione di Bariano.
Alla fine
dellanno si era dato inizio alla struttura della facciata
della chiesa, ma i risultati iniziali sono poco soddisfacenti;
quanto al mal principio della facciata di questa chiesa
non coerente al disegno del Sig. Alessandri, bisognava però che
questo Sig.re non dasse al Capo Mastro (così più volte esso qui
si espresse) la libertà di arbitrare nella facciata di farla
come voleva.
Ecco finalmente
svelato il nome del progettista che fino a questo momento era
rimasto avvolto nel mistero.
E
larchitetto Filippo Alessandri di Bergamo, della nobile
famiglia dei Conti Alessandri la quale aveva la propria residenza
in piazza S. Tommaso, dove attualmente sorge lAccademia
Carrara.
Il collegamento
è certo facile; il Grataroli e gli Alessandri abitavano nella
stessa contrada ed erano certo legati da vincoli di conoscenza,
se non di amicizia. Due, sè già detto erano i Mastri che
avevano la responsabilità delle opere, e già in questa prima
fase avevano rivelato notevoli autonomie decisionali, come
abbiamo potuto considerare nella lettera precedente; per la
verità mancava la direzione dellArchitetto, la cui
presenza essi invocavano, insieme con quella dellAbate.
Linverno,
come si è detto, era la stagione più favorevole per predisporre
mezzi e materiali; nellinverno dellanno 1744 le
preoccupazioni in questo senso si accentuarono notevolmente.
Le donne erano in
ritardo con la consegna del filato, che lAbate sollecitava
per approfittare degli aumenti previsti. Ma era ormai tempo di
predisporre anche le travi principali del tetto; il Monastero
Femminile di Caravaggio aveva purtroppo rifiutato una
bella rovere che hanno alla Brusata, per cui era forse
necessario sollecitare a Bergamo, alla Misericordia Maggiore il
dono di due roveri, in sostituzione della solita legna per la
fornace, che il Venerando Ente era solito donare. A Bergamo nel
frattempo erano pronti gli pargoli (abeti) da lei
scielti n° circa
I compiti dei
Mastri andavano ben oltre lappalto e direzione effettiva
dei lavori, essi erano responsabili della richiesta e delle
misure dei materiali, cui, come sè detto, provvedeva il
Grataroli, ma anche dei disegni esecutivi delle varie opere;
si manda pure il disegno della principiata facciata,
conforme è stata lineata da Mastri stati quivi.
Il nostro nobile
Abate sottoponeva poi ogni cosa allArchitetto Alessandri,
per una eventuale correzione. E correzione evidentemente
lArchitetto laveva voluta per i materiali di
facciata; egli chiedeva che le parti più importanti fossero
realizzate in pietra di Sarnico, per le quali si prevedeva la
spesa di L. 300 oltre al viatico alla gente, che anderà
a prenderlo.
Lincarico
era stato affidato ad Antonio Feltri Tagliapietre di Sarnico, ma
i nostri buoni progenitori non erano daccordo.
Quando
anche questa facciata si facci di buoni quadrelli ben cotti, come
le abbiamo, ogni uno dice, che accompagnerà meglio e starà più
soda, essendo soliti col tempo li sassi di Sarnico a sfarinarsi.
Pochi giorni più
tardi don Francesco Maria riprende con più insistenza
largomento: Non sadiri per carità V.S.
Ill.ma, se ritiro la penna per certionarla della comune
contrarietà cerca le pietre, delle quali pocanzi già le
ho scritto.
Le sue
argomentazioni sono certo di ordine pratico ed economico, ma di
logica stringente e diremmo convincente; lunica
possibilità era in effetti quella che qualche privato
si assumesse la rilevante spesa, il che non era in alcun modo
pensabile. Listesso scanso di spesa soverchia si
ha preso in mira anche per le due colonne. Un di questi Mastri
simpegna in due giornate di tagliar ed adattar per colonna
di questi quadrelli, che tanti vi sono, e schivar la farcitura di
In effetti la
facciata attuale non solo è priva di rivestimenti in pietra, ma
è priva anche delle colonne previste in progetto. Questa presa
di posizione procurerà al sacerdote, due anni più tardi,
limpossibilità di accedere al titolo di arciprete,
allorché il vecchio Don Antonio deciderà di abbandonare
lincarico. LAbate che aveva evidenti ed importanti
appoggi in Curia, tramite i nobili prelati, preferirà infatti la
candidatura del giovane nipote che aveva dimostrato di essere
più ossequiente alla sua volontà. Ai primi di aprile la
facciata già si stava innalzando secondo quanto si era deciso;
occorrevano chiodi e numerosi altri ferri, legamenti,
cambre e stanghette alle travi che servono di chiave à collegar
li muri. Sè già avuto modo infatti di
descrivere come fosse buona tecnica muraria quella di inserire
orizzontalmente nelle murature travi di rovere con funzioni di
chiave di legamento, in sostituzione delle più efficaci ma
troppo costose chiavi in ferro.
Ad agosto si era
ormai giunti al grande cornicione per cui servivano pietre in
gran quantità che ci si preoccupava di acquistare in quel di
Bergamo e di Monticello.
Si giunge così
ben presto allinverno 1745 e ricominciarono le
preoccupazioni per lapprovvigionamento dei materiali per
lanno successivo. Necessitavano ancora grandi quantità di
legname, di travi di rovere anzitutto; Una rovere
era stata promessa da Donato Lupi, ed altre due dai Conti Albani
ed altre si sperava di ottenerne dalla Veneranda Misericordia
Maggiore, ma si aspettava di abbatterle sin al fine
della andante Luna, affinché il legname non si
rovinasse presto per il tarlo. I nostri bravi antenati avevano
messo gli occhi su sette roveri della cascina Belvedere, di
proprietà della Mensa Episcopale di Cremona; ma non
stabilimmo il mercato avendomi il Valdemaro dimandati dieci
zecchini, ed avendogliene io presentato otto. A questo
punto la documentazione epistolare dellarchivio presenta
una lacuna relativa a tutto lanno 1745 e a quasi tutto il
1746, con grave disappunto nostro e pensiamo anche dei nostri
lettori.
Il vuoto di
notizie è interrotto da una lettera-contratto del 17 febbraio
1746, stilata da Antonio Donino detto Bondur Picha
Pietra della valle di Stino, il quale si impegnava a
predisporre una notevole quantità di pietre, comprendenti
lastre, capitelli, gradini, al prezzo di L. 345 e soldi 3, da
consegnare fuori della porta di Cologno della città di Bergamo.
La valle di Astino è la bellissima valle ad occidente della
città, dove si cavava una pietra arenaria gialla molto bella. La
fornitura fu pagata il 28 Agosto 1746 e si deve supporre a quella
data tutto il materiale era stato regolarmente consegnato. La
documentazione riprende dal mese di dicembre dellanno 1746
con una grossa novità; chi scrive infatti non è più don
Francesco Maria Vitalba, bensì il nuovo arciprete, il suo
giovane nipote don Francesco Giuseppe. Ma leggeremo altrove
queste vicende.
In quei giorni
invernali, si provvedeva, come era ormai consuetudine, a
predisporre i mezzi ed i materiali per la fabbrica. Le donne
filavano a pieno ritmo; queste donne parmi che siano
inferovarate, e però se V.S. Ill.ma avesse la congiuntura di
provederne dellaltro, sarà ben fatto per non lasciarle
otiose. Gli uomini erano impegnatissimi a tagliar
legna, nelle boschine del Serio, per la fornace. E già si
pensava alle chiavi in ferro per sostenere la volta, la cui
costruzione era prevista per il 1747. Nel frattempo a Bariano
erano giunti i primi travelli in legno che si
stavano predisponendo per il tetto, e si raccoglievano offerte di
lino.
Li signori Marchesi Terzi hanno dato alla fabbrica lino
pesi 3, lire
Ma non appena i
lavori ripresero, si scoprirono altri notabili errori
anche nella pianta e nelle lesene; era impossibile
ricondurre il tutto al disegno, né quasi né anco
allingresso. LArciprete quindi chiedeva
urgentemente la visita dellArchitetto avanti
dandar in villa, ò pure che doni la libertà al Capomastro
di operare come gli parrà meglio, ò come potrà secondo le
presenti circostanze.
Qui interviene,
purtroppo, una nuova interruzione dei documenti darchivio,
che ci impedisce di definire nei dettagli le vicende. Si giunge
così allinverno 1748; proseguiva a buon ritmo la filatura
del lino e della stoppa per reperire i fondi necessari per i
lavori della successiva stagione. A primavera iniziò la
costruzione delle volte interne della chiesa, mentre si ricercava
per tutto il territorio la generosa
pietà
di legna di qualunque tipo per una nuova indispensabile fornacciata.
Ad Agosto si era
affrontata anche la seconda pontata, cioè
molto probabilmente la tazza a vela; ma i debiti stavano
impressionando ormai i parrocchiani. Si pensava di iniziare anche
la costruzione della volta sopra il presbiterio ed il coro, ma
serviva una chiave in ferro che Gregorio Cumetti di
Zandobbio
non vole saper altro di chiave, sinchè non venga
intieramente pagato per le altre. Le opere proseguirono
certamente, nonostante le difficoltà economiche, ma la
documentazione darchivio è ancora una volta incompleta per
più di un anno. Nel mese di Settembre 1748 si era giunti alla
necessità di provvedere per le finestre; in nostro Abate aveva
già preso impegni con certo Giovine Maragone,
ma lArciprete era più propenso ad assegnare il
travalio di Giuseppe Puretti di Romano in compagnia di Francesco
Pandino; questultimo era di Bariano ed aveva
grandi necessità di lavorare, anche se non era falegname
specializzato.
Alcuni giorni
più tardi lArciprete spedì a Bergamo la nota delle
misure de legname occorrente, predisposta dal falegname Puretti.
Durante linverno 1749, con grande soddisfazione di tutti,
la comunità parrocchiale rimase pressoché libera da impegni
pressanti di preparazione di materiali, ad eccezione di modeste
quantità di sabbia e calcina. Le donne al contrario furono molto
impegnate, comera ormai consuetudine, per la filatura del
lino e della stoppa, che dava alti redditi indispensabili per
coprire i grossi debiti e per predisporre le opere di finitura.
La documentazione darchivio tuttavia si conclude a questo
punto, con un vuoto di 10 lunghi anni. Ormai ne sappiamo
abbastanza su questa travagliatissima Fabbrica, che per quasi 10
anni ha fatto dormire sonno assai grami ai nostri progenitori.
Essa, sappiamo da altre fonti, fu completata nel 1750, anche se
le opere di finitura, abbellimento ed arricchimento, continuarono
ancora per decenni.
Bibliografia:
- "Bariano: profilo storico, testo e fotografie di Bruno
Cassinelli, Antonio Maltempi, Mario Pozzoni, Cassa rurale ed
artigiana di Bariano (1986)"
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