LE DIMISSIONI DI BENEDETTO XVI dal 28 Febbraio

"Non ho più la forza.Perdonatemi!Lo faccio per il bene della Chiesa"

 

 

Sono alcune parole tratte dall’annuncio fatto l’11 Febbraio. Tra le tante parole sentite, tra i tanti commenti fatti ecco alcune frasi tratte dall’annuncio di quel giorno significative per comprendere quel suo gesto.

· "Dopo avere ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio". In altri discorsi aggiungerà: "Sono giunto a questa scelta dopo aver pregato a lungo e meditato da tempo".

· "Sono pervenuto alla certezza che le mie forze per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che in questo ministero, per la sua essenza pastorale, deve essere compiuto, non solo con le opere e le parole, ma non meno soffrendo e pregando."

· "Tuttavia nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di San Pietro e annunciare il Vangelo è necessario anche il vigore sia del corpo che dell’animo. Vigore che negli ultimi mesi in me è diminuito in modo tale, da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato.

· "Per questo ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, successore di San Pietro a me affidato per mano dei cardinali il 19 aprile 2005".

Dopo aver ringraziato i presenti per l’amore e il lavoro condiviso, affida la Chiesa alla cura del sommo Pastore: il Signore Gesù Cristo, implora la Santa Madre Maria perché assista i cardinali nell’eleggere il nuovo sommo pontefice.

Dopo aver chiesto perdono per tutti i suoi difetti conclude:

"Per quanto mi riguarda anche in futuro vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera la Santa Chiesa di Dio".

Qualche riflessione: ci aiuta Enzo Bianchi, priore di Bose.

Può un Papa dimettersi?

Qualche anno fa (2010) in un libro intervista Papa Benedetto aveva detto:"Qualora alla chiara consapevolezza di non essere più in grado fisicamente, mentalmente, spiritualmente di svolgere l’incarico… il Papa può dimettersi". E così ha fatto, quando davanti a Dio ha esaminato la propria coscienza. Un gesto compiuto anche nella consapevolezza che nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti, occorre il vigore di chi è più giovane, "sia nel corpo sia nell’animo". Così si è dimesso, ma preparando con cura questo giorno. Aveva celebrato un concistoro (assemblea per nominare i nuovi cardinali) in novembre per dare un volto maggiormente universale al collegio cardinalizio in vista di un prossimo conclave per nominare il suo successore. Aveva terminato la sua fatica di fede e di testimonianza nello stendere una lettura di Gesù morto e risorto, vissuto realmente negli anni della nostra storia, approfondendone i vangeli dell’infanzia. Concludendo i tre volumi il Gesù di Nazareth. Stava ultimando un enciclica sulla fede, dopo le due luminose sull’amore e sulla speranza. Anche se non potrà essere un enciclica ( è solo del Papa) noi attendiamo questo dono. Non è questo il momento di tracciare un bilancio, ammesso che si possa fare, sui quasi otto anni del suo ministero petrino: un pontificato che ha attraversato la nostra storia non facile, non semplice e a volte anche enigmatica, una storia piena di mutamenti globali nel mondo occidentale (l’aggravarsi di una crisi culturale e una crisi economica mai conosciuta nei tempi recenti) e di rivoluzioni nel mondo arabo che giudichiamo "primavere" ma che vediamo attraversate da gelate repentine. Un tempo di incertezze e di mutamenti nell’etica, soprattutto nelle culture un tempo cristiane. Sono stati anni in cui Benedetto XVI ha continuato ad ammonire la chiesa, accettandone la condizione minoritaria, chiedendole di essere minoranza significativa, capace di esprimere la differenza cristiana in un mondo indifferente e nel contempo segnato dalla presenza simultanea di molte religioni nello stesso luogo. Lo si è definito più volte un papa conservatore, ma questo gesto lo mostra come  innovatore: rompe, infatti con una tradizione di duemila anni in cui tutti i vescovi di Roma sono morti di morte violenta o di malattia o di vecchiaia (papa Celestino V si dimise, ma costretto da chi sarebbe diventato il suo successore). Così il cattolico è invitato a guardare più al ministero petrino che non alla persona del papa: questo è certamente un fatto rivoluzionario e, ritengo, anche più evangelico. Chi esercita l’episcopato o un servizio di presidenza nella chiesa, lo fa in comunione con Cristo Signore in misura del grado in cui è stato posto. Ma una volta cessato l’esercizio del ministero, un altro può continuarlo e la persona che lo ha esercitato in precedenza scompare, diminuisce, si ritira.

Avremo così due papi?

La domanda che già sentiamo risuonare in realtà non sussiste, perché uno solo sarà il papa. Benedetto XVI tornerà a essere il cardinal Ratzinger e non possederà più quella grazia e quell’autorevolezza dello Spirito santo che saranno possedute da chi sarà eletto nuovo papa dal legittimo collegio cardinalizio. Su questo la dottrina cattolica è chiara e non permette che una persona sia più determinante del ministero che gli è stato affidato. In ogni caso, conoscendo l’umiltà di Benedetto XVI, siamo certi che egli – come promette nel messaggio rivolto ieri ai cardinali – si dedicherà alla preghiera e anche lui pregherà con la chiesa intera per Pietro, per il nuovo papa, ben sapendo di non esserlo più: avverrà per il vescovo di Roma, come per i vescovi emeriti delle altre diocesi. Papa Benedetto ha compiuto un grande gesto, evangelico innanzitutto, e poi umano. In uno stupendo commento ai salmi, sant’Agostino – un padre della chiesa tra i più amati da Benedetto XVI – leggiamo: "Si dice che quando i cervi migrano in gruppo o si dirigono verso nuove terre, appoggiano il peso delle loro teste scambievolmente gli uni sugli altri, in modo che uno va avanti e quello che segue appoggia su di esso la sua testa... quello che sta in testa sopporta da solo il peso di un altro, quando poi è stanco passa in coda, giacché al suo posto va un altro a portare il peso che prima portava lui e così si riposa dalla sua stanchezza, poggiando la sua testa come la poggiano gli altri" (Commento al Salmo 41).

Come sarà del card. Ratzinger?

Ha detto ai preti di Roma: " adesso mi ritiro, resterò nascosto al mondo, ma nella preghiera sarò sempre vicino a voi". Così la presenza di Ratzinger nella chiesa non si conclude. Sarà un presenza altra e non meno significativa: una presenza di intercessione. Si metterà cioè tra Dio e gli uomini, non per compaginarli nella comunione cattolica – questo non sarà più il suo compito – ma per chiedere che Dio continui a inviare le energie dello Spirito santo sulla chiesa e i suoi doni sull’umanità. Molti oggi vorrebbero dire a papa Benedetto XVI: "Grazie, santo Padre!" per il suo disinteresse, per la sua sollecitudine affinché anche il papa sia decentrato rispetto a colui che dà il nome di cristiani a molti uomini e donne che hanno fede solo in lui: Gesù Cristo! Si diceva che questo papa ha grandi parole ed è incapace di gesti: il più bel gesto ce lo lascia ora, come Pietro che ormai anziano – dice il Nuovo Testamento - "se ne andò verso un altro luogo" continuando però a seguire il Signore. Benedetto XVI appare successore di Pietro più che mai, anche nel suo esodo.

Don Mazzi

Con il suo linguaggio provocatorio e colorito ha detto: " la Chiesa aveva bisogno di una lavanda di piedi. Riferendosi al gesto di Gesù nell’ultima cena e alle parole di Gesù: "Io che sono il maestro ho lavato i piedi a voi anche voi fate altrettanto gli uni per gli altri". E’ il comandamento a formare una comunità per una Chiesa madre casa di tutti, barca sul mare in burrasca. Una chiesa povera che sa ascoltare, che sa liberarsi da pesantezze faraoniche, che sa uscire sulle strade del mondo per condividere, camminare, rischiare, piangere, per vivere le beatitudini e costruire un regno di fraternità e unità. Più di una volta abbiamo visto il papa solo nel suo impegno di cambiare una mentalità più di potere che di servizio. Certamente non sempre è stato incoraggiato da quanti dovevano essere i suoi più stretti collaboratori che anziché confortarlo e sorreggerlo costoro erano più impegnati in giochi di potere e divisione. Lo stesso papa Benedetto nell’omelia del mercoledì delle Ceneri apertamente denunciò: "le azioni che deturpano il volto della Chiesa". Dice : " penso in particolare alle colpe contro l’unità della chiesa, alle divisioni nel corpo ecclesiale, agli individualismi, alle rivalità, alla ipocrisia religiosa. Serpeggia anche nella chiesa una ricerca di potere e carriera che non si addice a coloro che sono stati scelti e chiamati a servire il popolo di Dio". Concludiamo: Azzardiamo una interpretazione. Non potendola rinnovare in profondità come avrebbe voluto, Benedetto XVI ha affidato il compito al proprio successore. La chiesa popolare che vive il vangelo della quotidianità e l’intera società sperano che la scelta del nuovo vicario di Cristo sia conseguente alla grandezza di un gesto profetico e rivoluzionario quali sono state le dimissioni del papa. A noi non resta solo il compito di pregare ma anche di impegnarci a rinnovare le nostre comunità a vivere in fraternità di condivisione e non in strutture puramente distributrici di sacramenti.